I bar dei Giovani

martedì 17 novembre 2009




Il bar dei giovani senza fissa dimora Un'amica che insegna ad Architettura mi ha interpellato, giorni fa, per sottopormi un problema. Nelle ore dedicate a Laboratorio, come ogni anno, ha proposto agli studenti un esercizio di progettazione. In questo caso: un bar. Da organizzare, negli spazi e negli arredi, secondo gli stili di vita e di consumo della loro generazione. Ha incontrato subito imbarazzo, più che perplessità. Come di fronte a un'ipotesi improbabile. Chessò: organizzare un torneo di calcio per i ragazzi del quartiere in un cortile. Quasi che i cortili esistessero ancora. Oppure, servissero a stare insieme, giocare, parlare, incontrare altre persone. Naturalmente non è così. I cortili servono ormai da parcheggi. La gente vi si ferma solo per transitare verso l'ingresso del condominio. Per rientrare a casa il più presto possibile. Quando si incontra un'altra persona perlopiù ci si limita a un saluto frettoloso. Buongiornobuonaseracomeva? Poi ciascuno per la propria strada. Tanto non si conoscono.

Così i bar. Non sono più quelli di una volta. Dove si passava il tempo - dentro - a parlare, giocare, bere, fumare. Guardare la tivù. Intorno ai tavoli, al biliardo. I bar come riferimento sociale e territoriale, a cui si affidava la propria identità. Perché a ogni bar corrispondevano un gruppo oppure molti gruppi caratterizzati da comuni modelli di valore oppure da comuni gusti - in fatto di musica, motori, calcio. Ma anche da comuni orientamenti politici e ideologici.

Quei bar non ci sono più. Perché, anzitutto, i giovani non hanno più "un" bar di riferimento. Perché non hanno più uno specifico modello culturale, di consumo oppure politico che li definisca. Perché non hanno più una sola compagnia con cui trascorrere il tempo. Perché non hanno una identità con un solo centro e una sola cerchia sociale di riferimento. I giovani - e soprattutto i più giovani - hanno, perlopiù, piccoli gruppi amicali, di poche persone. Spesso non esclusivi. Nel senso che frequentano persone diverse.

Appartengono a gruppi diversi. Per cui non ha senso fermarsi in un bar, ma neppure in un luogo specifico. Ne visitano, invece, molti dove incontrano persone e gruppi diversi. Per cui lo spazio dei bar è molto spesso rivolto all'esterno, più che all'interno. Un bancone, gli amplificatori che sparano musica, tavolini e sedie fuori, sui marciapiedi o sulla piazza. Ma in molti casi i giovani restano in piedi. A bere, chiacchierare, ridere, mangiar qualcosa. Poi si spostano altrove. Sempre in piccoli gruppi oppure da soli. A casa di qualcuno oppure al cinema. O in un altro bar, dove incontrano altri gruppi di giovani. Poi, dipende dagli orari. Dai giorni. Se è festa o vigilia di festa. Se è mattino, pomeriggio, notte. Sono luoghi di passaggio, i bar. Non centri di aggregazione e di socialità. Stazioni disposte lungo itinerari complessi, che raffigurano bene la complessa (ricerca di) identità dei giovani. Un'identità mobile e - necessariamente - incerta. I bar, come i social network, Facebook oppure Twitter, sono pagine dove si cercano amici, con cui si dialoga. Diverse pagine, costruite da persone diverse, talora intorno a un obiettivo, un proposito, una parola d'ordine. Dove incontri persone note, altre meno note, altre del tutto sconosciute. Che tali restano, anche se ti propongono il loro profilo.

I bar si sono adeguati in fretta a questi cambiamenti sociali. Il mercato, del resto, è sempre pronto e rapido a trasformare le novità culturali sul piano dei consumi. I bar oggi non sopportano una clientela (troppo) fissa e soprattutto (troppo) stabile e stanziale. La loro offerta varia di continuo, a seconda dell'ora e del giorno. Pasticceria, macchiatoni e cappuccini per la prima colazione, poi, a metà mattina, spuntineria e all'ora di pranzo, fast food, paninoteca. Per diventare, a tardo pomeriggio e fino a sera inoltrata, luogo di happy hour, che accompagna l'aperitivo ma può anche sostituire la cena. Infine, più tardi, cambia ancora. È semi-discoteca, pub, birreria. Dalla mattina a notte inoltrata: molti bar nello stesso bar. E molte persone diverse, molti giovani diversi, da soli o in compagnia. Per cui progettare un bar "dedicato" non ha senso. È come progettare una dimora fissa per i nomadi. E i giovani, i più giovani, in fondo, sono una generazione nomade. Senza fissa dimora. Anche se risiedono a lungo, molto a lungo, nella casa dei genitori. Ma sono sempre di corsa, sempre di passaggio. Senza territorio. Non hanno un posto fisso - non ci riferiamo solo al lavoro. E, forse, neppure lo cercano. Per ora, almeno. Domani chissà. Però domani è troppo avanti, troppo in là, troppo futuro, per una società - e una generazione - dove il futuro, più che imprevedibile, è imprevisto.
(fonte LA REPUBBLICA "Le Bussole" di Ilvo Diamante

THANKSGIVING @ Cafè Deluxeè

domenica 8 novembre 2009


ThanksGiving Dinner @ Cafè Deluxeè
Thanksgiving
Thursday, November 26

Menù
Starters
Bruschette di funghi trifolati con porri
bruschetta with champignons mushroom and leeks
Insalata di zucca gialla e noci
mixed salad with pumpkin, walnuts and marinated pearl onions

1st Course
Fettuccine alla zucca gialla in salsa di formaggio
pumpkin fettuccine in creamy cheese sauce
Vellutata di funghi e castagne con scaglie di parmigiano
creamy mushroom soup with roasted chesnut and parmigiano reggiano

2nd Course
Tacchino ripieno Deluxeè in salsa di castagne
Deluxeè style, roasted turkey served wih chesnut gravy
Patate arrosto con aglio e rosmarino
rosmary and garlic roasted potatoes
Cavolini di bruxelles saltati nel bacon
brussel sprout with bacon

Dessert
Torta di zucca gialla
Traditional pumpkin pie

incluso(included):
acqua, 1 bottiglia di vino (birra), caffè
mineral water, 1 bottle of wine (beer), coffee

€ 23.90 (per person)

reservation
per prenotazioni:
055 485749
info@cafedeluxee.com

WiFi Free in Piazza indipendenza

giovedì 22 ottobre 2009


Cafè Deluxeè ha l'onore di presentarvi......
LA CONNESSIONE AD INTERNET GRATUITA ovvero WiFi SMS

"Cosa e' WIFI SMS?
WIFI SMS e' una piattaforma informatica avanzata che unisce ad un sistema di billing e autentifica convenzionale quale Radius Server un SMS Gateway per la profilatura e notifica automatica agli utenti del codice di accesso

WIFI SMS e' un sistema pensato per poter offrire il servizio wifi ai propri clienti senza nessun tipo di gestione ma nel rispetto della normativa attuale (L.155/2005) che obbliga alla identificazione degli utenti che si connettono e al mantenimento informatico dei loro dati anagrafici e di accesso.

Il cliente si connette alla WIFI Area e viene instradato in modo automatico ad una pagina di login dove inserendo il suo numero di cellulare, riceve in pochi secondi il codice di accesso in SMS.

Inserendo il codice l'utente accede ad internet gratuitamente"

M.A.P. (Music Alliance Pact)

giovedì 11 giugno 2009


Qualche giorno fa, mi è capitato fra le mani, un articolo molto interessante riguardo un nuovo network (MaP) che si prefigge lo scopo di selezionare le "best" nuove uscite (si parla di musica!!!!!) di tutto il mondo, pescando da 25 (?) blog.
Anche l'Italia è presente con il blog www.polaroid.blogspot.com....quindi andiamo subito a vedere di quello che si tratta.
E' davvero molto interessante

Alessandro Corio

mercoledì 3 giugno 2009



Interessantissima new entry...
Si chiama Alessandro Corio, è un fotografo... questo il link al suo portfolio

Marco Viola


Marco Viola si definisce una persona come tante, Marco Viola è i suoi omini di fil di ferro....

Esterina live Firenze @ Cafè Deluxee

venerdì 29 maggio 2009





Moleskin

lunedì 25 maggio 2009


“Una copertina che non passa inosservata ed un titolo che evoca un passato lontano fatto di  dedizione e attesa: Penelope, il secondo album dei Moleskin, si è fatto aspettare cinque anni, ma in questo lungo periodo la band umbra ha incubato dieci canzoni preziose, cesellate con cura, a ricordare che la ricercatezza di testi e suoni, pur togliendo immediatezza, regala profondità e potenza emozionale. Una forza che, rivolta all'interno, quasi trascina l'ascoltatore nei microcosmi ricreati dal gruppo, in un flusso particolarissimo di pensieri arricchito da immagini a loro volta inusuali legate a colori, sensazioni – anche tattili – e forme.
In un album come questo sono le liriche ad imporsi in modo decisivo, mentre la musica si presta a sostenere e valorizzare al meglio le parole, spesso sottolineandone l'impatto emotivo come fa il violoncello di Rodolfo Pambianco nell’iniziale Comincio a rendermi conto, forse la traccia più facile da assimilare tra le dieci. Ma è ai quattro pezzi centrali (Amo le persone che, Volti, Leggero e Come se) che i Moleskin ottengono gli esiti migliori, affidando alle chitarre il compito di colmare la cripticità dei versi asciutti, quasi fossero frammenti poetici a galleggiare in pattern sonori.
Nella parte finale del disco spiccano invece Voglio muovermi, con una lirica dolcissima che riesce però a non essere smielata («e non togliermi mai l'illusione d'essere più piccolo di te») e Se fosse, il brano che conclude l'album e conferma l'originalità e allo stesso tempo la compattezza sonora (lodi a Paolo Benvegnù per la produzione) dei Moleskin e in particolare del loro cantante Marco Mencarelli. Un gruppo con una vera e propria poetica, merce rara da trovare in giro di questi tempi.

Daniela Giordani - L’ISOLA CHE NON C’ERA



“Molto probabilmente la consorte di Ulisse si rispecchierebbe volentieri in questo viaggio trasognato ma lucido del quintetto umbro. Attese vent’anni tessendo e disfacendo la medesima tela aspettando il suo ritorno. Beh, qui l’attesa e il sogno di qualcosa che risvegli e sorprenda domain è tema portante. I testi sembrano parlare chiaro: si pensi a In Luce, a Voglio muovermi e infondo a tutto il secondo album dei Moleskin.

Penelope è un disco completo, decisamente omogeneo e coerente dall’inizio alla fine ma molto introverso. Non ci si aspettino ritornelloni orecchiabili o bpm radiofonici ma una malinconia latente che permea le dieci tracce in causa,giacchè attesa e sospensione sono proprio gli ingredienti che affascinano. Un disco da ascoltare e riascoltare lasciandosi avvolgere e coinvolgere per coglierne l’animo amabilmente intimo che viene regalato al fruitore. A che servirebbe aggiungere che la produzione artistica è di Paolo Benvegnù?”

Barbara Santi - RUMORE


Francesca Russi

martedì 19 maggio 2009


Francesca Russi
La passione per il disegno, per lo studio della figura umana si trasforma fin dal primo anno accademico (Accademia di Belle Arti di Firenze) in uno studio del colore della sua creazione e ancora nel più profondo del suo significato, quello psicologico, spesso inavvertibile che essi racchiudono e che svelano soprattutto nel loro utilizzo. La tela, il suo impiego va oltre il semplice supporto pittorico…. le sue trame vengono lacerate, tagliate strappate… assumono una nuova forma spesso indefinita; ricostruita diviene uno spazio dinamico, fragile dissolto nei suoi frammenti che svelano l’anima sensibile dell’ essere materico. Aspetti studiati e sperimentati soprattutto da artisti dell’ Informale come Burri e Fontana a cui l’artista molto si ispira. La materia svela così la sensibilità estetica della sua essenza, la sua poeticità; assume un corpo, movimento, uno spazio profondo messo in evidenza dal colore che contribuisce a creare ora atmosfere forti inquietanti ore più pacate. Una ricerca che và oltre i limiti del figurativo, che vuole riscoprire la bellezza e lo spirito della forma, della materia analizzandola in tutte le sue presenze.

Baby Blue - Come!


ROCKERILLA - Aprile 2009
Se non si considera l'EP del 2006, Come! è il vero esordio dei Baby Blue,
nati nel settembre di due anni prima. Un traguardo importante, soprattutto
se si considera il momento storico che stiamo vivendo. Si tratta di una
vera e propria mutazione antropologica nel consumo della musica, un fatto che
per molti versi non rende più facile la vita di un giovane gruppo. Detto questo
- come stiamo facendo sempre più spesso su queste pagine - ci resta
l'impresa non facile di "raccontarvi" la musica dei Baby Blue. Centrato
sulla voce nervosa e aggressiva di Serena Altavilla, quello dei Baby Blue è
un rock agile, inquieto e minimale, che trasmette perfettamente la vitalità
e l'energia di un'intera generazione. Non credo che i Baby Blue vogliano
farsi carico di un compito tanto arduo, ma la frammentazione del ritmo -
molto bravi il batterista Graziano Ridolfo e il bassista Duccio Burberi, a
proposito - e i suoni acidi della chitarra elettrica di Mirko Maddaleno
disegnano un paesaggio esistenziale per nulla accondiscendente e
consolatorio. A questo bisogna poi aggiungere la produzione di Paolo
Benvegnù, che aveva già assistito i Baby Blue all'epoca dell'EP. Un artista
che avrebbe potuto tirare da tempo i remi in barca, Benvegnù, e che al
contrario non esita a mettersi continuamente in discussione. Non solo nei
suoi dischi, ma anche in progetti come Come!. Con la loro spiccata
personalità e la guida di Paolo, i Baby Blue sono già diventati una solida
realtà nella scena "indie" italiana.

BLOW UP - Maggio 2009
Quasi come se i Cramps avessero messo la testa a posto, ripulendo il loro sound dagli eccessi, smussandolo con rifiniture pop, ma mantenendolo asciuto ed essenziale. I Baby Blue vengono da Prato, sono prodotti da Paolo Benvegnù e cantano in inglese. Il loro esordio è diretto, brutale e scarno, ma ugualmente accessibile come lo può essere la new wave trent'anni dopo, a rievocare gli X, i fantasmi del blues e della California post-punk. (7) biz.

Reinassence of journey

lunedì 18 maggio 2009


Renaissance of journey è un tour operator specializzato in viaggi culturali.
Golosi d'arte è la linea di pacchetti turistici che offre un weekend nelle principali città italiane dando la possibilità ai suoi viaggiatori di godersi le più belle mostre del momento, incontrare un gruppo di persone unite dallo stesso interesse e soprattutto trascorrere la serata attorno ad una bella tavola chiacchierando allegramente con un nostro collaboratore appassionato di storia dell'arte, che parteciperà alla serata, favorendo il generarsi di un clima conviviale.
Il viaggio include anche il pernottamento e la colazione in un albergo confortevole e di qualità, in modo tale che ogni viaggiatore possa concedersi di gustare la serata senza il pensiero del ritorno, rimandando al giorno seguente la partenza, magari dopo una passeggiata tra i monumenti della città.

Esterina

martedì 5 maggio 2009


Mia nonna si chiamava Esterina, veniva da un piccolo paesino fra i monti della mia terra e ogni mattina alle prime luci dell'alba si infilava un paio di stivali marroni logori, lacerati dal tempo e dalla fatica quotidiana e andava a lavorare i due ettari di terra che i suoi genitori, entrambi contadini, le avevano lasciato.
Se avesse avuto le parole giuste per raccontare la sua storia lo avrebbe fatto con un pezzo come "Razza di conquista", avrebbe urlato "dell'ossigeno e della strada che non basta, della tramontana che secca, di una cucina stretta e del fango che può stendere". Chi fa musica oggi per lei è un quintetto di Massarosa in Toscana, che racconta storie che vengono dritte dal sapore della terra, proprio con il suo nome: Esterina. Il loro "Diferoedibotte" è un album che ha il sapore della pasta fatta in casa, della schiettezza della provincia, delle parole che possono diventare tossiche se confezionano ipocrisie ma soprattutto è un disco che sa parlare di capacità d'indignazione ("Senza resa"), di chi non è stanco di cercare la pienezza nella vita ("Baciapile"). La scrittura importante è sorretta da una struttura musicale solida che riesce a combinare con naturalezza, la capacità di rottura e la grazia della canzone d'autore italiana, l'immediatezza e la malinconie delle ballate popolari, intagli e accelerate elettriche che si impastano a battiti sintetici . La varietà di strumenti che attraversa questo "Dieferoedibotte": dalle spruzzate di synth, agli accenni folk della fisarmonica, passando per il vibrafano, il theremin, suggeriscono un gradevole eclettismo compositivo e buona contaminazione musicale.
E' un disco diretto, fatto di canzoni che hanno un bel respiro. Un album che passa dai territori del pop ma ha un cuore grezzo, distorto, impetuoso. Un tuffo in quel passato musicale in cui le copertine avevano un profumo di menta e limo e il colore dei fiori di campo.

ESTERINA
Siamo degli estremisti
di Angela De Simone
Pur essendo uscito da quasi un anno, Diferoedibotte, disco d’esordio degli Esterina, continua a farsi apprezzare per la qualità e la personalità dei brani contenuti. Il gruppo toscano è una delle realtà più sorprendenti del rock italiano degli ultimi anni: approfondiamo con il cantante e chitarrista Fabio Angeli tematiche e influenze della loro musica, non tralasciando qualche curiosità sul nome al femminile che si sono scelti, ci dicono, dopo aver dibattuto non poco tra di loro.

Iniziamo dal principio. Avete alle spalle dodici anni di esperienza, in cui con gli Apeiron avete “ricercato nel rock le vostre ragioni”. Trovate? O per non averlo fatto avete cercato il cambiamento?
Abbiamo cercato nella musica che abbiamo potuto le “ragioni”, non è importante averle trovate, forse è necessario considerare solo il processo che ci porta, che ci lega ai significati. Ragione come facoltà inconsistente della nostra esperienza. Viceversa, non c'è niente di più morto di un uomo con le sue ragioni. Molto meglio avere torto a quel punto. In questa contraddizione sta per noi il senso dell'arte e delle musiche fuoriuscite dal loro genere.

Quando è arrivata Esterina? È nata con l’incontro con il produttore Guido Elmi?
Esterina all'anagrafe diciamo pure di sì, venivamo da una storia diversa e portavamo ancora un nome di un'altra esperienza. Per ragioni legali (inizialmente) abbiamo dovuto pensare un altro nome ed è stata anche un'esperienza un po' dolorosa, ma non troppo. Chiamarsi nuovamente e con un nome di donna ci ha fatto bene. Pur essendo una parola sola, ci ha riconsegnato un immaginario che era tanto necessario quanto latente. Ogni gruppo è, oltre alle cose che ha da dire, la possibilità che ha di farlo, Guido ci ha dato una possibilità di poterlo fare.

Oltre alla classica strumentazione da rockband (chitarra, basso, batteria) usate strumenti assai particolari, in un certo senso un po’ retrò, come può esserlo il theremin. Com’è nato questo interesse? Che studi ci sono dietro?
Sì. Siamo gente curiosa. Il theremin che citi è il primo strumento elettronico mai costruito (1919) abbiamo acquistato da poco un Piano Rhodes Mark I della metà dei settanta, poi abbiamo un harmonium del 1926 costruito a Viareggio. Ci interessano molto gli strumenti vecchi così come quelli contemporanei, ma se ci pensiamo bene tutti gli strumenti del rock sono retrò (per usare una parola che usi te) la mia Gibson Les Paul Custom è stata prodotta nel 1993 ma è la versione aggiornata della Les Paul che è stata prodotta nel 1952, quindi una trentina di anni dopo il theremin e entrambi in un modo e nell'altro derivati dall'impulso industriale dovuto alla produzione bellica. Capire come gli strumenti sono stati inventati è una cosa importante, anche il Rhodes Mark I deriva da un piano che era costruito con dei resti di bombardiere B-17. Qualcosa ci deve dire per forza. No?

Esterina è un nome singolare. Da dove nasce?
“Esterina, i vent'anni ti minacciano” è il primo verso di una poesia di Montale molto famosa: Falsetto. Dalle nostre parti in un modo del tutto sorprendente molte donne sole e anziane, si chiamano o si fanno chiamare Esterina. “Esterina” è anche un film di Carlo Lizzani del 1959 che racconta le vicende di questa giovane contadina che si muove dalla campagna alla città, anche se il film non ebbe molto successo la rappresentazione che fa di questo viaggio, di questo spazio da colmare tra campagne e città negli anni della deturpazione definitiva dell'equilibrio millenario tra essere umano e ambiente, del fraintendimento epocale che tutt'ora ne deriva di benessere e status sociale metropolitano è molto interessante e ci riguarda da vicino. È un nome non convenzionale per una rock band, ci siamo scannati per decidere. Mi sembrano ragioni sufficienti per amarlo.

Balza subito all’orecchio la scelta del linguaggio. Una commistione in perfetto equilibrio tra italiano e parole prettamente toscane difficilmente traducibili. È un modo per sottolineare un forte senso d’appartenenza al territorio e soprattutto ai suoi valori?
Non abbiamo appartenenze. Non dobbiamo difendere nessun valore. Chi lo fa (da sempre) lo fa per averne un ritorno in termini di potere. Come chi difende i valori della famiglia e poi vorrebbe il mare pattugliato dalle navi della Marina Militare con il permesso di avere la coscienza pulita ad affondare le zattere dei disperati (di altre famiglie!). Chi parla di valori in termini di appartenenza lo fa sempre per parlare di se stesso, con un intento pornografico e non di ricerca del valore che cerca di descrivere. È una cosa che non ci riguarda. Il lavoro che facciamo sulla lingua è cercare di essere più scoperti possibile. Di fare più male possibile, di andare più fondo possibile. Il dialetto in alcuni casi è più vero dell'italiano, più radicale, e anche più moderno. Sta alla lingua come il sudore alla fatica.

Questo lavoro è pieno di contrasti: packaging, rock che in certi punti rasenta il metal e trascinanti ballate lente; terminologie quasi auliche e dialetto; ricercati suoni sintetizzati e prese dirette dalla natura e da ambienti di vita quotidiana. Sono dicotomie che vi portate dietro dalle vostre esperienze?
Anche se non l'avete potuto vedere per bene, la verità è che siamo degli estremisti. Tutto qui (sorride, ndr).

Denuncia verso la società, attaccamento ai valori autentici, natura. Portateci un po’ in viaggio tra le tematiche dei vostri pezzi.
Se dovessi sintetizzare le tematiche dei nostri pezzi, cosa per altro non richiesta, direi che cercano senza riuscirci quasi mai di muoversi nel dolore. Anche la bellezza è un dolore. Il dolore curato per bene.

Esterina preferisce città o campagna? Italia o estero?
Sì, Esterina è nata qui in un posto molto lontano dalla città. Non credo che si tratti di scegliere dove uno sta meglio o preferisce restare, eleggere un luogo a residenza ideale. Lasciamolo fare a ogni americano che dopo una vita bulimica nelle metropoli riscaldate o raffreddate a seconda della stagione e della latitudine poi se gli è andata bene si fa la casa nel Connecticut con il barbecue di ordinanza a declinare ancora e all'infinito la simulazione della propria esistenza. Facciamo scegliere Veltroni. La storia di Esterina è quella di persone che si trovano per “campare” senza aver scelto di starci. Molti posti possono essere belli se ci stai con le persone che possono esserti compagne.

Una canzone non vostra che vi rappresenta di più e perché…
Non saprei scegliere una canzone che mi rappresenta, tanto meno una canzone che ci rappresenta. Siamo persone così diverse, a volte così antitetiche che l'operazione che mi chiedi dà “errore”. Ti posso dire la canzone che sto ascoltando adesso e che mi racconta più di altro: Last Flowers dei Radiohead.

In molti vostri pezzi si legge una forte critica al decadimento della società verso denaro e opportunismo a scapito di sentimenti sinceri e autentici. Soluzioni da proporre?
Soluzioni? Non credo che possiamo pensare che esista una soluzione. C'è una fine e ci sono ancora diversi modi per arrivarci. Credo nelle persone e sarebbe bello, anche senza riuscirci per niente, provarci per davvero a venirne fuori. A fare che sia “basta” di tradirci così ogni giorno. La nostra parte è quella di iniziare a raccontarlo senza risparmiare niente.

Diferoedibotte non è certo, e per fortuna, un prodotto commerciale. Quanto è stato difficile fino ad ora destreggiarsi nel mercato discografico italiano? Quali sono le vostre aspettative?
E’ stato semplicemente quasi impossibile. Il mercato discografico italiano non esiste per gli indipendenti perché non esiste un interesse sociale diffuso. Noi speriamo di andare in giro a suonare e vedere se qualcuno che ci vuole ascoltare esiste davvero.